Nascita o Rinascita?
Nascita o Rinascita?
Vedendo la seguente immagine mi viene in mente una parola: “Nascita”.
Di primo acchito si tende a pensare alla rinascita di un’individuo, una concezione molto intrigante è quella per cui si crede che un’individuo cominci a vivere la vita quando si accorge che la stessa sia effettivamente una sola.
Sono sempre stato allineato a questo pensiero, recentemente ho meditato sulla prospettiva opposta, per cui sarebbe più corretto parlare di Nascita.
L'inizio della partecipazione individuale all'esistenza, realizzare di avere solo una vita equivale ad azzerare e ricominciare da capo: a livello mnemonico/psicologico ovviamente no, ma a livello esistenziale questa prospettiva prende forma.
Io la sto vivendo sulla mia pelle, abbiamo una data di scadenza in quanto esseri finiti, per questo dovremmo sfruttare la nostra presenza su questo pianeta al meglio; questo non comporta necessariamente dover commettere tutti gli errori possibili, bensì vivere nel momento presente con consapevolezza e fare tutto quello che riteniamo in linea con i nostri valori: solo così avremo un’esistenza appagante, in linea con quello che Siamo.
L’emersione dell’individuo sul piano esistenziale rispetto a quello psicologico, quella rimane la vera sfida.
Rimanere nel mentale ti impedisce di vivere, sarebbe una sopravvivenza per cui si svolgerebbero solo quei compiti automatici, il minimo sindacale, atti a garantire il continuo della propria esistenza.
Mi rifiuto di chiamarla essenza dato che questa presupponga che si vada ad essere: inteso come incarnare a pieno il proprio sé; l’esistenza contestualizzata relativamente a quanto da me espresso invece indica che si è sprovvisti di essenza.
Per cui quest’ultima è un atto passivo che si subisce, l’essenza sublima la natura all’ennesima potenza: impegnati ad esistere, dimenticandosi di essere.
La nascita porta all’inizio dell’essenza di un’individuo ed al tempo stesso alla fine dell’esistenza di un’altro individuo, il passato non c’è più per fare spazio al presente.
Il cambiamento potrebbe essere sinonimo di morte, si va a sostituire qualcosa per donare una nuova linfa vitale.
Il paradosso della nave di Teseo potrebbe aiutare a capire meglio se sia questo il caso o meno, entriamo nel vivo di questo dilemma per comprendere a pieno il principio che vi si cela dietro: esso esprime la questione dell'effettiva persistenza dell'identità originaria, per un'entità le cui parti cambiano nel tempo; in altre parole/“un tutto unico rimane davvero se stesso oppure no, dopo che, col passare del tempo, tutti i suoi componenti sono cambiati con altri uguali o simili”?
L’uomo è l’esempio che più rappresenta questo, la biologia ci dà un prezioso suggerimento a riguardo:ogni giorno tantissime cellule muoiono e fanno spazio ad altrettante cellule che sono più funzionali, per cui è legittimo porsi la seguente domanda:”noi siamo gli stessi di ieri?”
Sia da un punto di vista biologico e psicologico, che da quello esistenziale?
Perché se fisicamente c’è un rinnovamento dell’organismo, accade la stessa cosa per queste altre due dimensioni: a livello fisico non lo percepiamo minimamente, negli altri due livelli l’impatto è un qualcosa di sensibile.
Magari non ce nè accorgiamo immediatamente, ma a livello inconscio si può sentire che sia cambiato qualcosa.
L’esperienza si vive appieno quando si è totalmente coinvolti ed immersi in quel che ci sta capitando, accorgersi delle distrazioni che possono arrivare e gentilmente tornare a quello che si stava facendo è l’unico metodo per vivere un’esistenza appagante.
La storia di Pinocchio è la rappresentazione per antonomasia dell’esistenza che tutti conducono, per cui continuando a sfuggire all’essenza della propria natura, inconsapevoli di trovarsi nel torto, arrogandosi il diritto di avere ragione e di vivere nel giusto, si va a scaricare le proprie responsabilità su terzi.
Questa non è la vita vera, l’essenza della stessa è proprio quella di attraversare alti e bassi, momenti di felicità e di tristezza, attimi di spensieratezza e di preoccupazione; questo perché proveremo sempre emozioni, ma da qui ad esistere in balia degli stati emozionali ce ne passa, considerato che questi sono solo la punta dell’iceberg e nascono un qualcosa di più grande che meriterebbe un’approfondimento adeguato, accompagnato dalla totale attenzione e presenza, per comprendere a pieno le cause.
Altrimenti vivremo sempre in balia di due condizioni non più esistenti: il passato ed il futuro.
Chi vive in questi 2 momenti tende a dare per scontato il presente, a credere di sapere come si svolgono le cose e al tempo stesso di prevedere quello che accadrà in virtù di quello che è stato.
Un frammento di verità che voglio qui suggerirCi è il seguente: la scoperta della propria essenza va di pari passo con l’esperienza, in proposito potrebbe essere utile familiarizzare con il principio della mente del principiante: essenzialmente si tratta di adottare un’approccio curioso, privo di pregiudizio.
Questo aiuterebbe a scardinare i limiti che tutti possono avere, così da essere onesti con se stessi e permettere di realizzare la vera essenza delle cose.
Prendendo a prestito il concetto di Aristotele di atto e potenza, possiamo avere un’altra prospettiva sull’argomento : sopravvivere è l’incarnazione della potenza elevata alla massima possibilità, mentre vivere è l’incarnazione dell’atto nel momento del suo svolgimento, nonché la sublimazione del concetto di Essenza.
Tirando le somme possiamo concludere che la Nascita è una rinascita, sono due lati della stessa medaglia che co-esistono nella natura dell’essere; questo concetto può essere raffigurato al meglio con “ Il mito delle 3 morti messicane”.
La prima morte avviene quando da bambini realizziamo che non siamo esseri infiniti e che prima o poi moriremo, la seconda è la morte effettiva, mentre la terza avverrà quando l’ultima persona sulla faccia della terra pronuncerà il tuo nome per l’ultima volta.
Io penso che la morte sia sempre in agguato,non solo perché sappiamo con certezza che moriremo ma non ci è dato sapere quando e come.
La gente muore tutti i giorni. Ogni notte è la morte.
Ogni mattina è un risveglio, una rinascita.
Ci tengo a fare l’ultimo appunto: l’importanza dell’agire con intenzionalità.
È ciò che fa la differenza tra una vita consapevole ed una automatica, vivere con cognizione di causa a dispetto di vivere in un determinato modo per semplice abitudine.
L’intenzionalità richiede sforzo, sacrificio, onestà ma soprattutto impegno.
È il prezzo da pagare per togliere il velo dell’illusione e dell’ipocrisia, così da cominciare a vedere noi stessi per quello che siamo, non per quello che vorremmo essere o per quello che siamo stati.
Pensiero.
Intenzione.
Azione.
Risultato.
Un abbraccio
Un Uomo Nuovo
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